Peppino Scicchitano, il parrucchiere per signora che pensava solo al calcio

                                             Peppino Scicchitano


C’è un personaggio legato in modo indissolubile alla storia della squadra di calcio Cinquefrondese, si tratta di Peppino Scicchitano, che da qualche anno non è più fra noi. Peppino fu a lungo titolare di un popolarissimo salone di parrucchiere per signora in piazza Castello, al fianco del quale c’era il salone di barbiere gestito dall'inseparabile fratello Michele. 


Peppino trascorreva intere giornate nella sua bottega che la sera, fuori dall'orario di lavoro, si trasformava in luogo di vita amichevole e di socialità. Solo una cosa poteva davvero distogliere Peppino dal lavoro: il calcio. Ma non la Juventus di cui peraltro era tifosissimo o l’Inter o il Milan o qualsiasi altra grande squadra, che pure lui seguiva in tv e sui giornali. No, il vero calcio per Peppino era solo la Cinquefrondese. Di cui, finchè è stato in vita, è stato nei fatti presidente ombra, dirigente tuttofare, colui che conservava i cartellini dei giocatori, gestiva le carte della società. 

nella foto sopra i fratelli Michele e Peppino Scicchitano; a lato, da sx il giocatore Michele Manferoce, l'allenatore Peppe Giancotta, Ruggero Panuccio, Scicchitano e Rocco D'Agostino


Scicchitano dei giocatori spesso capricciosi o timidi o arrogantelli, era padre, zio, fratello maggiore, confidente, carabiniere. Consigliava, placava i litigi, ammansiva gli spiriti ribelli, ne ascoltava lamentele e sfoghi e confidenze, elargiva rimproveri, minacciava scomuniche. E soprattutto Peppino scherzava, scherzava sempre, era un uomo perennemente allegro e giocoso. Il suo salone nelle ore serali era la personificazione dell'allegria, a Peppino bastava una scintilla e partivano raffiche di battute, barzellette e storielle di ogni genere. In un momento di tristezza o di cattivo umore, erano ufficienti pochi minuti in quella bottega per uscirne rinfrancati e con il cuore allegro. Era la magia che Peppino donava a clienti, amici e a tutti quelli che ruotavano attorno alla Cinquefrondese, ed erano di casa la sera da lui. 


                                                                                                                         mastro Scicchitano al lavoro 


Con qualunque presidente, sotto qualunque gestione, Scicchitano incarnava la Cinquefrondese, ne rappresentava lo spirito e l’anima. Del poco che aveva, spendeva anche soldi di tasca per la squadra. Soffriva e si arrabbiava nelle sconfitte, gioiva come un ragazzino per le vittorie. 

L'altro suo grande amore calcistico era la Juventus. "Ricordo con grande affetto Peppino, cinquefrondese D.O.C., amico di tutti, affettuoso con tutti, uomo semplice" dice Mimì Giordano che diventò tifoso juventino proprio grazie a Scicchitano. "Peppino -racconta Giordano- oltre ad essere un esempio dell'attaccamento per la squadra di calcio del paese, che amavamo tutti, era un simbolo dell'amore per la Juventus. Devo a lui e non a mio padre- che in gioventù era un simpatizzante dell'Inter- se sono diventato ad 8 anni tifoso della Juve. Riaffiorano nella memoria le sue parole di quando con mio padre andavo nel salone di suo fratello Michele, attiguo al suo dove lavorava per le signore. Riecheggia nella mia mente la sua parlata veloce con la ripetizione delle parole ad esaltare i dribbling di Omar Sivori: 'tutti si li scarta, tutti si la scarta' E poi, a farmi vedere giornali e riviste che parlavano della Juve. Era il 1961-1962, ma la Juve non andava tanto bene e spesso perdevamo. E lui a consolarmi: 'Mimì, e va' ca ndi ripigghjamu' . Non avevamo la televisione a casa e neanche i riscaldamenti ed io, seduto al braciere, una sera di inverno del 1961, quasi mi misi a piangere. Mio padre -prosegue il racconto di Giordano- mi chiese perchè ed io risposi 'Pecchì li siri non passanu mai e poi a mia mi piaciarrìa 'mu mi viju li partiti di palluni e vorrja 'mu viju la Juventus e a Sivori chi scarta e facci golli'. Mio padre mi accontentò dopo pochi mesi, a metà febbraio del 1962 comprò la TV e il 21 febbraio, in piedi - ammaghatu - vidi Real Madrid-Juventus in Eurovisione per al Coppa dei Campioni. Vincemmo per 1-0 al Santiago Bernabeu e segnò Sivori. Il giorno dopo la prima cosa che feci dopo essere tornato da scuola, scappai in Via V. Emanuele al salone di Peppino e fu gran festa. Vabbè, poi col Real perdemmo in casa e "a la bella"- così chiamavamo lo spareggio- un coso lordo di arbitro ci condannò. Cominciai allora ad amare la Juve, la amo ancora e la amano i miei figli. Grazie a Peppino".


Peppino sembrava non essere mai stato giovane. Il suo volto aveva la stessa perenne espressione, nonostante il trascorrere degli anni. Un grande naso, dei baffi enormi, la testa mezza pelata, e un sorrisetto sardonico sempre pronto sulle labbra. Era un brav’uomo e chiunque abbia giocato o frequentato anche di striscio l’ambiente calcistico cittadino ne ha conservato un gran bel ricordo. 



Scicchitano con due glorie del calcio cinquefrondese, Walter Scarfò a sinistra, e Michele Manferoce



Foto Achivio Storico Tropeano, Archivio Gerace e altri

Commenti

  1. Grazie per i suoi racconti sui nostri cari "illustri cinquefrondesi"complimenti per il modo semplice e raffinato nel descrivere ogni persona ogni episodio.La ringrazio personalmente per le parole molto affettuose nei confronti di una persona a me molta cara che ho riletto più volte nel suo libro è anche nel post.Grazie continui a scrivere affinché le nuove generazioni possano conoscere il nostro passato e nostri concittadini che oramai nn sono qui con noi.

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