Rodolfo Panuccio, l'uomo che inventò i patronati prima dello Stato italiano

Rodolfo Panuccio


In piazza Castello viveva un  signore di cui è impossibile dimenticarsi: Rodolfo Panuccio. Un personaggio da romanzo, che sembra uscito dalla penna di un grande narratore. Rodolfo ha passato tutta la sua vita al servizio del prossimo in un modo originale, mettendo cioè a disposizione i suoi talenti di risolutore di problemi burocratici. 
Per decenni quest’uomo fu incredibilmente disponibile con qualunque paesano avesse bisogno di un aiuto di fronte alla minacciosa burocrazia che a quel tempo rispondeva al nome di Inps, Inail, camera di commercio, Inam, Enpas, Tesoreria centrale, ecc. ecc. una giungla pericolosa e infida di sigle e di trappole, nella quale il nostro concittadino sapeva districarsi splendidamente. 

Rodolfo lavorava in un ufficio statale a Reggio Calabria e tutte le mattine prendeva in piazza il bus che lo portava in città. Ogni mattina recava sotto al braccio una cartelletta con le incombenze del giorno, ma non quelle del suo ufficio, bensì quelle che tanti cinquefrondesi gli avevano affidato. E lui sbrigava tutto, risolveva ogni questione, andava di persona negli uffici competenti a perorare la causa dei paesani. Nel corso di decenni ha sbrigato migliaia e migliaia di pratiche d'ogni tipo.

Panuccio era un uomo che faceva tante cortesie ai suoi colleghi funzionari pubblici reggini, e naturalmente poi i piccoli favori e le cortesie li chiedeva a sua volta, ma sempre con le parole giuste, il tono adeguato; sapeva usare le armi della persuasione e il suggerimento sull’applicazione di una norma o di una legge dimenticata da tutti, ma non da lui. Ma soprattutto sapeva come velocizzare le pratiche rimaste ferme per mesi in qualche ufficio o dimenticate sotto cataste di carte, niente di nuovo purtroppo nella gestione degli uffici pubblici.
Rodolfo sapeva muoversi con destrezza nel guazzabuglio della burocrazia reggina, ne conosceva tutti i segreti. E tutti, o comunque molti, in quegli uffici erano disponibili con lui per accelerare o sbloccare pratiche pensionistiche e di invalidità, rimborsi e casse integrazioni, indennità di disoccupazione e di maternità, permessi di caccia e rimborsi fiscali, e via di seguito. Mai Rodolfo pretese o chiese una lira di compenso per i suoi servigi. Gli bastava la soddisfazione di essere stato utile a chi gli aveva chiesto aiuto. Era il suo modo di fare volontariato sociale e di aiutare il prossimo. Si rivolgevano a lui davvero tutti, sapendo di trovare comprensione e solidarietà.

Rodolfo Panuccio era una versione antica, e soprattutto gratuita, dei moderni  patronati sindacali, quando lo Stato non li aveva ancora creati; lui prendeva in carico i problemi della gente e cercava di risolverli prima possibile. Sempre con gentilezza e attenzione. Non si scordava mai di nessuno. E quando tardava a venire a capo di una pratica, se ne dispiaceva come se ne fosse lui la causa. Un vero signore. 

Caratterialmente Rodolfo era un uomo schivo e riservato, di poche parole. Proverbiali le sue lunghe passeggiate della sera, sempre con gli stessi amici, lungo il Corso, avanti e indietro, a volte anche per ore. Il Corso era il suo personalissimo ufficio. Era lì infatti che le persone lo aspettavano al varco per consegnargli le loro istanze, lui lo sapeva e si attardava volentieri, in attesa dei ‘clienti’: se l’avesse fatto per soldi non sarebbe stato probabilmente così solerte. 

Panuccio era anche impegnato in politica nella Dc, fu eletto varie volte consigliere comunale e assessore e, anche grazie alla sua disinteressata disponibilità verso chiunque, a ogni elezione prendeva una valanga di preferenze personali; oppure le faceva prendere a qualche candidato al Parlamento o alle regionali che lui sponsorizzava.  Inimitabile e indimenticabile Rodolfo.

(tratto da "Lessico dell'anima" di Francesco Gerace, 2020)

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