La storica udienza di Giovanni Paolo II ai cittadini di Cinquefrondi e a mons. Giovani Marra
Domenica 29 giugno 1986, festa dei santi Pietro e Paolo, solennità grande per la Chiesa di Roma, il Papa Giovanni Paolo II ricevette in udienza privata i cittadini di Cinquefrondi. Un fatto mai accaduto nella bimillenaria storia della Chiesa cattolica. Il giorno precedente nella basilica di San Giovanni in Laterano il prete cinquefrondese Giovanni Marra era stato ordinato vescovo dal cardinale Ugo Poletti.
Nella Sala Clementina, quella delle grandi occasioni, dove il Papa si incontra con i Capi di Stato e le delegazioni al seguito, si radunarono i cinquefrondesi, dopo aver attraversato festosamente e anche rumorosamente i grandi corridoi dei sacri palazzi, salendo dalla monumentale scala alla quale si accede dal portone di destra del colonnato, dove le guardie svizzere stazionano fisse.
Il Papa tiene Marra sottobraccio, i due chiacchierano e sorridono, si leva un grande applauso. Poi don Giovanni prende il microfono e rivolge un saluto e un ringraziamento al Papa per la nomina, per la sua amicizia e per aver concesso l’udienza speciale ai familiari e agli amici cinquefrondesi. Battimani, entusiasmo. Quindi il microfono passa al Papa e questi comincia a parlare. Accade allora che la folla dei presenti, fino a quel momento ordinata e ferma, comincia a muoversi lentamente. Il Papa santo continua a parlare, la folla entusiasta si avvicina sempre più e avanza verso il centro della sala, che ormai non è più vuoto. Tutti vogliono essere vicini alla pedana dalla quale parla il Papa, tutti vogliono vedere meglio, e tutti continuano ad avanzare lentamente in circolo.
Quella comitiva entusiasta e gioiosa, quell’affetto esplosivo, quella curiosità non contenuta a dovere, senza volerlo, obbligarono Giovanni Paolo II a anticipare i saluti e ritirarsi piuttosto precipitosamente con l’aiuto dei gendarmi. Non erano tempi di terrorismo come lo conosciamo nei nostri giorni, non c’era timore di attentati, ma dal punto di vista della sicurezza la situazione fu oggettivamente imbarazzante.
Il giorno dopo anche l’Osservatore Romano, giornale della Santa Sede, diede notizia dell’udienza, corredandola con una foto del Papa in compagnia di Marra e dei suoi familiari, ma naturalmente omise di raccontare del maldestro finale. A differenza del solito, quel giorno il giornale vaticano non pubblicò nemmeno una parola del discorso di Giovani Paolo II alla comunità di Cinquefrondi. Segno che l’episodio era stato effettivamente ritenuto molto spiacevole dai responsabili del cerimoniale.
Il quotidiano del Vaticano, e ormai da anni anche i media digitali, pubblicano integralmente ogni intervento, discorso, omelia, saluto che il Papa rivolge ai suoi ospiti, chiunque siano. Di quel discorso ai cinquefrondesi, invece, nonostante siano state effettuate ricerche di ogni tipo, non si è mai trovata traccia in nessun documento ufficiale della Santa Sede. Oltretutto all’autore di queste pagine non è stato concesso di consultare i documenti e le vecchie carte personali del religioso cinquefrondese. Per fortuna però un addetto dell’archivio del Vicariato aveva conservato quel breve testo, probabilmente unica copia oggi esistente del saluto del Papa ai cinquefrondesi, dunque un documento inedito.
Ecco che cosa disse il Papa nell’unica udienza privata mai concessa da un pontefice ai cittadini di Cinquefrondi:
“Rivolgo il mio cordiale saluto e le mie felicitazioni a mons. Govanni Marra, che ha ricevuto ieri la pienezza del sacerdozio nel sacramento dell’episcopato, e saluto pure voi familiari e amici che avete condiviso con lui la gioia di questo evento spirituale, e ora prendete parte a questo incontro.
Il mio pensiero si porta con affetto anche alla comunità parrocchiale di Cinquefrondi, nella quale mons. Marra ha udito la prima chiamata del Signore ed ha iniziato il lungo cammino che lo ha condotto fino alla meta odierna.
In questa lieta circostanza mi è caro esprimere al nuovo confratello dell’episcopato il mio vivo ringraziamento per la dedizione e la competenza con cui egli ha servito per molti anni la Santa Sede, dapprima nella congregazione per il clero, poi nella Segreteria di Sato e infine presso l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Nell’esercizio delle sue mansioni, egli ha saputo dar prova di rande capacità, sempre attenendosi a una linea di profonda sensibilità al dovere di sincera fedeltà verso la Chiesa.
Adesso gli viene affidato un importante incarico nella diocesi di Roma, che - come è ben comprensibile - è comunità a me particolarmente cara. Egli dovrà coordinare in stretta comunione di intenti con il cardale Vicario di Roma, l’attività pastorale e amministrativa della diocesi in un momento significativamente ricco di prospettive, ma non privo al tempo stesso di problemi.
Sono certo che mons. Marra porterà nei suoi nuovi compiti l’abituale entusiasmo, spendendo in essi le sue energie con vivo senso di responsabilità e con costante attenzione alla ‘suprema legge’ di ogni attività ecclesiastica, che è la salvezza delle anime. Di cuore gli porgo i miei fraterni augurio di un fruttuoso lavoro a vantaggio di questa amata Chiesa di 24 Roma le cui antichissime radici furono irrorate dal sangue dei due giovani apostoli che oggi festeggiamo.
Invito anche voi cari fratelli e sorelle che siete legati al nuovo vescovo da vincoli di parentela o di amicizia, a essergli vicini con assidue preghiere per ottenergli dal Signore tutti quei doni di luce, di prudenza, di coraggio che l’adempimento delle nuove mansioni richiede. Nell’affidare alla speciale protezione della Vergine Santissima il servizio episcopale del caro mons. Marra, lo invito ora ad unirsi a me per impartire a voi tutti una particolare benedizione".
(tratto da 'Il generale di Dio' di Francesco Gerace, 2021; foto Archivio Gerace)
Commenti
Posta un commento